GLADIO – al Rotary di Saluzzo
Gladio: la verità di uno dei 622 agenti gladiatori alla conviviale Rotary di Saluzzo
15 settembre 2013
fonte : targatocn.it
Giorgio Mathieu, uno dei primi aderenti all’organizzazione nata tra il Sifar e la Cia, racconta che cosa era Gladio e le tappe di questo esercito parallelo per scrivere la controstoria con gli occhi chi vi ha fatto parte assieme alla moglie.

Giorgio Mathieu, Michelangelo Rivoira, Luciana Caffaratti
Quasi vent’anni fa il 27 novembre del 1990 Gladio fu sciolta. Un mese dopo quella data, il dottor Giorgio Mathieu uno dei 622 civili del famoso elenco di appartenenti all’organizzazione segreta, ricevette il congedo con una raccomandata a firma dell’Ammiraglio Fulvio Martini, allora direttore del Sismi. “Fu l’unica forma di riconoscimento al servizio prestato alla nazione – ha raccontato il manager pinerolese ospite del Rotary di Saluzzo con la moglie Luciana Caffaratti anch’ella facente parte della Stay Behind italiana, la rete speciale costituita in seno alla Nato negli anni ’50 destinata, secondo gli obiettivi, ad operare in clandestinità, nell’ipotesi di un attacco delle forze dell’Unione Sovietica e dei paesi del Patto di Varsavia contro l’Europa Occidentale.
Le 40 unità di civili addestrati da militari del Sismi sarebbero dovute entrare in azione ad occupazione avvenuta, creando movimenti di resistenza in collegamento con le altre forze speciali similari di quasi tutti i paesi dell’alleanza Atlantica “comprese la neutralissima Svizzera e la Svezia “ ha evidenziato Mathieu elencando le tappe cronologiche più significative di Gladio.
“L’altro regalo di Andreotti (che consentì al giudice Casson che indagava allora sulla strage di Peteano di accedere agli archivi del Sismi per accertare il ruolo di depositi Nasco e che rese nota la Stay Behind italiana alle Assemblee delle due Camere) fu che dopo 40 anni di assoluta segretezza, tutti appresero nomi, cognomi e indirizzi dei gladiatori italiani, i quali diventarono oggetto della più vasta campagna stampa di disinformazione degli ultimi decenni e di intossicazione dell’opinione pubblica, additati come coloro che avevano alimentato la strategia della tensione, partecipato ai fatti eversivi contro la democrazia del paese. Non imputo colpa per aver svelato l’esistenza della struttura, ma sì, per aver rotto il patto di segretezza che lo Stato aveva fatto con noi, buttando così a mare un gruppo di persone pulite, controllate dalla Digos. Forse, come dice la tesi di qualcuno, si scelse di rendere pubblica Gladio al posto degli Nds ( Nuclei difesa dello Stato) su cui stava indagando il giudice Salvini in merito alla strage di piazza Fontana. Erano nuclei di estrema destra supportati da servizi vicini al Ministero dell’ Interno che non c’entravano con noi. Noi entrati in silenzio in Gladio, ci aspettavamo un’uscita silenziosa”.
Solo Francesco Cossiga, allora presidente della Repubblica, ha continuato il relatore all’Interno Due, fu vicino agli appartenenti. “La sua amicizia, dopo gli anni difficilissimi che seguirono divenne un vero regalo.” Cossiga aveva presentato nel 2007 un disegno di legge per il riconoscimento politico e morale di status militare dei “gladiatori” dove chiedeva “e non era non una pensione: – ha aggiunto Mathieu – l’equiparazione al Servizio presso le Forze Armate dello Stato del Servizio volontariato degli appartenenti alla Stay Behind, degli “esterni”, civili di entrambi i sessi che avevano dato la disponibilità a servire la Patria”.
“Gladio non era un movimento politico – ha detto l’ex agente gladiatore davanti ai rotariani e ospiti del club saluzzese presieduto da Michelangelo Rivoira, che hanno aperto un fronte di domande per conoscere da vicino il top dei segreti nazionali, con curiosità ma anche con qualche perplessità – anzi i membri che si rivelavano più irruenti venivano isolati ed esclusi da determinati compiti. Nessun è mai stato chiamato ad una missione deviata rispetto a quella dell’organizzazione.
Ho accettato con piacere l’invito del Rotary proprio per parlare della mia appartenenza alla struttura convinto che parlandone si riesca a far capire la realtà vera, anche se è difficile disincrostare cose che si sono sedimentate.”
Nel racconto, gli anni difficili della vita della coppia pinerolese durante il periodo di dibattito politico e giudiziario della vicenda fino al 2001, anno dell’assoluzione di Inzerilli comandante per anni della struttura e la chiusura di Gladio con il sigillo di organizzazione legittima.
“Per noi significò 2 /3 anni di perquisizioni, processi, telefono sotto controllo,minacce, problemi con le nostre famiglie” Nel ’94 nacque l’Associazione italiana volontari Stay Behind di cui Mathieu fu presidente (ora non ne fa più parte) fondata per radunare i volontari sparpagliati un po’ in tutta Italia, per “ripristinare la verità storica del fatto e avere un riconoscimento morale per il servizio alla nazione”.
Ma come entrò in Gladio?
“Sono nato in Val Pellice nel ’43, entrai nella rete speciale nel 1963 e vi rimasi fino allo scioglimento nel ‘90. Fui uno dei primi e tra i più giovani della rete, i cui candidati venivano scelti dai Servizi Segreti e nella quale fui reclutato attraverso un amico con il quale svolgevo attività politica come iscritto al partito liberale. I corsi di addestramento si tenevano sia a Roma in una caserma di Cerveteri che in Sardegna. Con un Dakota l’ “Argo 16” venivamo trasferiti a Capo Poglina nel Centro Addestramento Guastatori, il Cag creato dopo il protocollo d’intesa che diede vita a Gladio tra il Sifar, il Servizio italiano informazioni forze Armate e la Cia nel novembre del 1956. Facevamo parte dell’ ufficio R della VII Divisione dei Servizi segreti militari”
Ognuno veniva destinato ad una specializzazione secondo il piano formativo contenuto nell’acronimo Ispeg: Informazione, Sabotaggio, Propaganda, Esfiltrazione/evasione e fuga, Guerriglia.
“Io ero nel nucleo espatrio con il compito di far espatriare personaggi che potevano essere importanti per la causa della libertà, come un politico o il pilota di un aereo abbattuto. Dovevo conoscere il territorio e le vie d’accesso per far passare il “pacco” oltre il confine. In particolare ero ritenuto uno specialista nella lettura di impronte digitali. Eravamo addestrati dai militari dei Servizi segreti in gruppi da 8 e 10 persone. Tra civili e istruttori ci conoscevano solo per nome proprio, perché una volta entrati nell’organizzazione, come ci era stato chiesto, la nostra vita personale non doveva esistere. In Piemonte c’erano 42 gladiatori riuniti nell’Unità che si chiamava Pleaidi”
E i famosi “nasco”?
“I nasco contrazione di nascondiglio, erano 139 in tutto, la maggior parte dei quali nel Nord Italia. Erano depositi segreti in cui veniva occultato da personale che non conoscevamo ciò che sarebbe dovuto servire a paese occupato. Sarebbero stati segnalati a noi con un messaggio cifrato. La strage di Peteano fu collegata a Gladio, perché casualmente fu trovato in Friuli un Nasco, ma le indagini dimostrarono poi che era stato usato un esplosivo da cava”
Ma che senso aveva Gladio e la sua segretezza anche dopo la caduta del muro di Berlino?”
Dopo la caduta, ma anche anni prima, era chiaro che l’ipotesi di un’ invasione era difficile e nella rete non ci furono più nuovi aderenti, anche se un minimo di allerta c’è sempre. Ma eravamo un corpo addestrato da lungo tempo: di questo, non la stragrande maggioranza ma alcuni, avrebbero potuto essere impiegati in altre operazioni utili al paese come nell’antiterrorismo ad esempio.Per quanto riguarda la segretezza, nessuno dei servizi segreti nel mondo ha mai svelato il nome dei componenti “
Gladio potrebbe esistere ora?.Con altri scopi e altre finalità si. In tutti i paesi in cui esiste democrazia esistono servizi segreti che si devono attivare per dare sicurezza al paese.
Nell’organizzazione tra le 17 donne della rete c’era anche la moglie di Giorgio Mathieu Luciana Caffaratti.
“Sono entrata nella Stay Behind italiana nel 1976 – racconta – E’ stata la prima organizzazione militare che ha fatto entrare le donne. Tra le motivazione anche quella di evitare nella coppia le giustificazioni per le assenze dovute al l’addestramento. Facevamo gli stessi corsi degli uomini per essere impiegate nelle stesse mansioni. Sono orgogliosa di aver fatto parte della struttura perché amo il mio paese e sono entrata con la convinzione di difenderne i valori”.
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