Secretum,….kryptos,……Segreti industriali. Quale approccio?
Secretum,….kryptos,……Segreti industriali. Quale approccio?
di Biagino Costanzo
Dirigente di Azienda
Docente,a contratto, in Scienze Criminologiche per la difesa e la sicurezza
Il Significato
Innanzitutto vorrei partire dal significato della parola.
Il segreto è una informazione che non viene rivelata ovvero che non deve o non dovrebbe essere rilevata, perché, se lo fosse, recherebbe nocumento a chi la rivela e talora a chi la riceve, In tal senso si parla di segreto di Stato, segreti di ufficio, segreto bancario, segreto militare., segreto industriale, tra cui ,per esempio, il segreto custodito ad Atlanta per quanto riguarda la formula della Coca Cola. Tali segreti possono essere violati su disposizione della magistratura inquirente, per l’apertura deli archivi di Stato, per imprudenza ma il più delle volte per tradimento e per spionaggio.
Conservare un segreto può essere dovuto a riserbo e fa parte del riserbo anche il segreto personale che scompare con la morte del suo possessore. Il riserbo non riguarda solo degli atti inconfessabili, perché qualcuno può legittimamente desiderare di non rendere pubbliche le proprie malattie, i propri gusti sessuali, le proprie ossessioni. Questo è il diritto al riserbo che viene sempre più a perdere valore in un a società sempre più massmediatica, informatica, dove la rinuncia alla riservatezza prende ormai la forma del più estremo esibizionismo. Pensiamo all’ invasione cosi tanto decantata dei social network che, come tutte le cose, da una intuizione buona si sta trasformando nel metter nella piazza pubblica virtuale di tutto e di più esponendo le cose più intime, affermando cose insensate, alimentando, a volte, anarchie varie, facendo approfittare da parte di gentaglia, molte volte, della ingenuità dei piccoli e trasferendo notizie personali così scioccamente da far metter a rischio la propria incolumità e quella dei propri cari da parte dei male intenzionati anche loto ben presenti sulla piattaforma dei social, pronti a carpire anche i più banali vostri segreti per trarne vantaggi personali.
E in queste ultimi anni …si contano i morti in tutto il mondo…letteralmente…con il cyber bullismo, ennesimi suicidi di ragazze e ragazzi che non reggono la pressione dopo esser rimaste vittime di bullismo sui social ! Senza dimenticare il nostro Paese, infatti è ancora vivo il ricordo, tra gli altri, di Carolina la quindicenne di Novara che si è uccisa dopo essere stata oggetto di cyber bullismo sul web.
Una volta questa valvola di sfogo era il pettegolezzo. Odioso anch’esso ma il pettegolezzo classico si faceva nei villaggi, in portineria, all’osteria, ai bar, era ,se vogliamo, un elemento di coesione sociale perché gli spettegolanti non di rado invece di godere delle sventure degli spettegolati ne provavano o esibivano compassione. Esso stesso funzionava se le vittime non erano presenti o non sapevano di esser tali o salvavano la faccia facendo finta di non saperlo.
Oggi la televisione ha ideato trasmissioni in cui chiunque può divenire vittima famosa presentandosi a spettegolare su se stesso. Son venuti fuori così persone che discutevano di problemi di famiglia o di eredità, coniugi che si rinfacciavano tradimenti o che impietosamente e reciprocamente si rinfacciavano le loro incapacità sessuali.
Finita quindi l’epoca del riserbo sopravvive invece da millenni l’idea del segreto, che per esser tale, dalla antichità, doveva essere misterico innanzitutto.
Infatti, lo scrittore-filosofo Georg Simmel afferma che la caratteristica tipica delle società segrete è l’invisibilità, e se riflettiamo, si sono sempre voluti invisibili le associazioni segrete. Tipo i Carbonari, che poi molti di loro finissero sulla ghigliottina non dipende tanto dal fatto che fosse trapelato il segreto che custodivano, quando dal fatto che, se alla fine l’obiettivo di una associazione è, per esempio, ordire una rivoluzione, il segreto cessa di esser tale quando la rivoluzione esplode. Ovvero ci sono dei segreti, come quello di un gruppo che voglia ordire un’OPA per la conquista di un pacchetto azionario, che cessano di esser segreti quando la scalata va a buon fine o quando fallisce platealmente.
Il Segreto Industriale
(Il segreto della creatività è saper nascondere le proprie fonti- Albert Einstein-)
In tempi di libera concorrenza e globalizzazione dei mercati, la protezione del segreto
industriale riveste sempre più un ruolo strategico per l’impresa, unitamente alla protezione
e difesa delle proprie innovazioni e nuove soluzioni, siano esse funzionali o estetiche,
nonché dei propri segni distintivi.
Dal processo produttivo di un oggetto alla sua commercializzazione è lunga la serie delle
informazioni non brevettabili, che sia per scelta o impossibilità.
Eppure queste informazioni, che possono essere tecniche o aziendali, per chi le detiene
rappresentano un grande valore economico e per i concorrenti un indubbio vantaggio, se
solo le potessero conoscere.
Ogni impresa detiene dei segreti generati durante l’attività imprenditoriale. Alcuni
imprenditori sono talmente consapevoli dell’importanza di tali segreti da ricorrere a
specifiche leggi per ottenere un’adeguata protezione. La maggior parte delle imprese però,
si rende conto della loro importanza soltanto quando il segreto è già stato svelato. É in
questo frangente che si rendono conto di aver posseduto qualcosa avente un valore che
meritava di essere protetto.
Considerando, la rapidità con cui muta la tecnologia al giorno d’oggi, la protezione del
segreto industriale, in alcuni casi, rappresenta il diritto di privativa intellettuale più
attrattivo, interessante, efficiente e facilmente accessibile
La definizione giuridica di segreto industriale e di segreto aziendale passa attraverso la
definizione della parola “segreto”. Il nostro ordinamento giuridico utilizza questo termine
per indicare un documento o un’informazione che deve rimanere nella sfera di conoscenza
dell’autore.
Affinché le informazioni in possesso di un’impresa risultino protette dalla legge, è
necessario che esse, oltre a costituire un valore aziendale, siano mantenute segrete.
Affinché queste informazioni siano suscettibili di utilizzazione economica e quindi degne di
tutela giuridica, devono essere:
- informazioni tecniche, tecnologiche, finanziarie, di marketing, commerciali o
strategiche, sotto forma di relazioni, comunicazioni anche di carattere interno, studi,
rapporti, elenchi, dati, tabelle, schede, tabulati e quant’altro – sia su supporto
cartaceo che magnetico, ottico o magneto-ottico – purché identificabili ed idonee a
costituire un patrimonio di utilità aziendale. Identificare il know-how, cioè l’insieme
delle informazioni tecniche segrete, su un supporto materiale, è fondamentale in
quanto permette di verificare se esso possieda i requisiti di segretezza e di
sostanzialità che ne garantiscono la tutela.
- segrete in quanto difficilmente accessibili e sufficientemente protette da chi ne è il
legittimo titolare. Per dimostrare l’adeguata protezione delle informazioni, al fine di
renderle tutelabili ed opponibili, non è sufficiente la buona fede od un semplice
cavillo. È necessario, invece, che sia posto in essere un serio criterio di difesa ed
una corretta protezione, dimostrabile e documentabile: ad esempio un criterio di
difesa prevede circolari interne specifiche, procedure di sicurezza,nda, clausole di
riservatezza o di sicurezza, contratti di sicurezza, di segretazione, ecc.
E’ necessario che l’insieme organico di tali informazioni, insieme che viene
continuamente implementato ed adeguato al variare dei fattori di scambio e nel
contempo esplica una propria valenza economicamente importante per l’azienda,
come tale, sia segreto e bene proprio dell’azienda.
In altre parole, anche se la sequenza delle informazioni, che nel loro insieme costituiscono
un tutt’uno per la concretizzazione di una fase economica specifica dell’attività
dell’azienda, è costituita da particelle di informazioni di per sé note, qualora detta
sequenza sia di per sé non nota e sia considerata segreta in modo fattivo dall’azienda,
detta sequenza è di per sé degna di protezione e tutela.
Non è necessario infatti che ogni singola informazione sia “non nota” e “non conosciuta”, è
necessario invece, che il loro insieme organico sia frutto di un’elaborazione dell’azienda.
Proprio in questo modo infatti acquisisce un valore economico aggiuntivo rispetto ai singoli
elementi che lo compongono. Si pensi ad esempio ad una complessa strategia per
lanciare un prodotto sul mercato: i suoi singoli elementi sono senz’altro noti agli operatori
del settore ma l’insieme può essere stato ideato in modo tale da rappresentare un
qualcosa di nuovo ed originale e, come tale, un vero e proprio tesoro dal punto di vista
concorrenziale per l’ideatore.
Il segreto è dunque la leva attraverso cui proteggere i propri valori organizzativi e di
avviamento che trovano nel segreto stesso il loro punto di forza. Ecco perché il know-how
per essere proteggibile non deve essere accessibile a tutti: se si diffonde perde valore.
Inoltre grazie all’adozione delle misure di protezione si crea il presupposto logico
dell’abusività della sottrazione da parte di un terzo: non si abusa, infatti, se non di
qualcosa sottoposto a misure per la sua salvaguardia.
Ecco allora le regole fondamentali per proteggere le informazioni riservate. Le misure di
salvaguardia devono essere rivolte sia all’interno (verso dipendenti o collaboratori) che
all’esterno (verso i terzi in generale, come, ad esempio, i fornitori, i clienti, partners.. ecc.).
Le informazioni in possesso del dipendente o del collaboratore (o consulente) rientrano
nella sfera di controllo del titolare dell’impresa, che avrà perciò tutti i diritti di impedirne la
divulgazione. È buona norma, pertanto, che l’imprenditore predisponga procedure ad hoc
(come l’accesso selettivo alle informazioni) ed inserisca clausole specifiche nei contratti di
lavoro: occorre che dipendenti e collaboratori siano informati della necessità di mantenere
il segreto. Una clausola a cui dovranno obbedire anche ex-dipendenti ed ex-collaboratori:
poiché avendo una portata ultrattiva rispetto al rapporto di lavoro o di collaborazione non si
estinguerà con essi ma continuerà ad essere vincolante finché le informazioni in questione
non diverranno di pubblico dominio.
Tornando a Simmel, lo stesso ricorda che gli uomini per natura sono avidi di segreti, e chi è ritenuto di possedere dei segreti non ancora svelati acquista sempre una forma di potere perché chi sa un giorno cosa potrebbe svelare. E’ sempre stato un principio delle polizie di tutto il mondo e dei servizi di sicurezza e informazione di tutto il mondo, che più cose si sanno e più sui prevengono atti destabilizzanti o delinquenziali, più si sa è più quindi si ha potere o anche si mostra di sapere.
A volte non importa che ci sia davvero un segreto. L’importante è far credere di possederlo. Tutto questo è comunque innato in noi, da bambini è sovente dire ai nostri compagni di gioco. “io so una cosa che tu non sai”, anche se questo non è vero, ma appaga il proprio bisogno di orgoglio e soddisfazione.
Allora come si fa a conservare il potere derivante dal possesso di un segreto evitando che esso diventa pubblico? Bisogna a quel punto distrarre con segreti vuoti. Ricordiamoci che avere un segreto e non rivelarlo, non significa mentire, ma è al massimo una forma estrema di riserbo.
E per dirla con Sören Kierkegaard, “La verità è un segreto che il morente porta con sé” perché, come afferma Gibran “Se riveli al vento i tuoi segreti, non devi poi rimproverare al vento di rivelarli agli alberi”.